venerdì 11 febbraio 2011

RABBIA

La rabbia di un amante confonde gli sguardi, le parole, i respiri.
Odiare l'altro senza saperne il motivo, aggiungendo fuoco alle scintille, senza mai creare un punto di comunicazione.
Per non perdere lo smalto.
La luce non si riflette più negli occhi, attenuata da grida strozzate, ipossiche.
L'altro guarda, non capisce. Suda via poco a poco il perdono.
Altra goccia.
Esplode.
Le lacrime della perdita sono calde sulle guance, incolpano e tagliano, lasciando segni profondi nello spirito, pronti a sbocciare sotto un albero, in primavera.
Dannato, nega ora l'amante che ha perso.
Il vuoto di stima si colma  di Scotch ogni notte, per essere poi drenato il giorno dopo, piangendolo via.
La morte non è più attesa, ma miraggio.
Riecheggiano spari da una parte all'altra del cervello, la pioggia batte a macchina un requiem.
A questo punto è la fuga da se stessi, dalla vita.
Si cerca sempre di cambiare dopo un perdita, si cerca di uccidere la parte che ricorda.
Non si può però uccidere una parte di se stessi, i più la nascondono.
I più forti si sparano.
Estremo cambiamento.

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